martedì 28 aprile 2020

FARE LO SCRITTORE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

Ed eccoci qua, dopo giorni di quarantena, a pensare al futuro dell'editoria e dei libri. Un settore dimenticato da tutti, proprio tutti, senza pensare che le solite minestre trite e ritrite hanno veramente dell'ossessivo stancante.


In questo periodo mi son posto mille domande, una tra tutte riguarda l'apertura delle librerie, un settore indispensabile, ovvio, ma che guada non oltre il proprio naso. Già, un naso che gocciola di passione e che con questo maledetto virus, coperto dalla mascherina, farà sempre più fatica ad annusare i veri talenti e le vere, belle proposte editoriali che, quasi sempre, partono dalle prime piccole case editrici.
Ne ho sentite delle belle; consegna a domicilio… e chi va a consegnare un libro, magari a dodici chilometri di distanza se anche Amazon fa fatica in un momento come questo? Letture on line per coinvolgere il lettore… già, ho visto anche in tv grandi personaggi leggere i classici… forse aiutando la vendita di libri che, o si sono già letti, o che non verranno mai letto? Boh… un futuro incerto, ovvio, con mille idee nei cassetti che rimarranno nei cassetti parecchio se non si deciderà di fare un qualcosa, magari interpellando gli esperti del settore (non quelli pagati fior di quattrini che poi tolgono il coniglio ((morto)) dal cappello).
La soluzione più semplice? Permettere all'acquirente di scaricare in toto le spese dei libri… o acquistati on line o in libreria. Ecco, forse potrebbe essere una soluzione e permetterebbe a tutti (quelli veri) anche nelle fiere di rilasciare fattura/ricevuta e si eliminerebbero una volta per tutte quelle associazioni culturali editoriali (che dovrebbero per legge vendere ai propri soci) e che fanno una parte delle vendite in maniera scorretta.
Già, scorretta, perché un'associazione, senza scopo di lucro in più, non può vendere, come non possono vendere autori senza ricevuta e via dicendo...
Discorsi vecchi che non sono mai cambiati, ma che ora, in questo momento di crisi assoluta, vedranno rimpinguarsi le loro casse. Già, perché la situazione è questa: Chi fa l'editore come terzo lavoro o come passatempo, senza dichiarare nulla e vendendo anche oggetti (a cui andrebbe aggiunta iva e che invece vengono venduti come gadget), continuerà nel migliore die modi, mentre le aziende editoriali, quelle che investono e pagano… moriranno lentamente schiacciate dal più grande virus: quello dell'ingenuità e delle valutazioni approssimative.
Sì, approssimative al tutto e subito, senza pensare al dopo, al lungo termine che non sarà più fatto di fiere e rassegne come le conosciamo noi, ma di fiere e rassegne con sempre meno gente e con sempre meno spazi espositivi, avendo un obbligo di distanziamento sociale che non ci permetterà più di allargarci, di modificare lo spazio o di assembrare autori ed editori al proprio stand durante le fiere.

E allora che fare? Un esame approfondito della situazione che stiamo vivendo e organizzare al meglio quel futuro editoriale fatto di incognite.
- Aumentare la promozione sui canali social.
- Organizzarsi con le librerie (quelle serie) con firma copie cercando di prendere atto di tutto quello che occorrerà per proteggersi e proteggere gli altri.
- Organizzarsi per fiere serie ed accreditarsi in tempo con la casa editrice al fine di avere spazi singoli senza accavallarsi tra autori.

Ecco, investire del proprio se del proprio si vuol far diventare questo lavoro.
Forse è il momento di abbandonare tante associazioni culturali (che fanno di tutto per guadagnare e basta), forse è meglio aprire gli occhi e cominciare a capire che Amazon è un mico (a pagamento ovvio) e non un nemico, forse è meglio aprire gli occhi e pensare che l'editore con un contratto complesso e a volte noioso è un editore che tutela il settore e, aprendo sempre gli occhi, forse dobbiamo pensare che siamo autori... non famosi, per cui già sarà difficile farci conoscere, peggio se ci facciamo solo concorrenza sleale..
Buon lavoro a tutti!

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